La sostenibilità è un tema sempre più centrale, non solo nel dibattito pubblico ma anche nelle politiche industriali e commerciali. Sempre più aziende, infatti, stanno abbracciando pratiche più eco-sostenibili, riducendo il loro impatto ambientale su tutta la filiera, ma esistono anche moltissime altre realtà che sfruttano questa leva per proporre prodotti o servizi solo all’apparenza eco-friendly, attraverso una pratica scorretta denominata greenwashing.
Purtroppo, questa dinamica si sta diffondendo, creando anche molta confusione nel consumatore finale, che non riesce più ad orientarsi o, ancora peggio, a fidarsi di ciò che viene proposto dal mercato.
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Cos’è il greenwashing
Una definizione di greenwashing molto puntuale è quella fornita dal portale Investopedia, specializzato in finanza e marketing:
“Il greenwashing è il processo per trasmettere una falsa impressione o informazioni fuorvianti su come i prodotti di un’azienda siano rispettosi dell’ambiente. Il greenwashing consiste nel fare un’affermazione infondata per indurre i consumatori a credere che i prodotti di un’azienda siano rispettosi dell’ambiente o abbiano un impatto ambientale positivo maggiore di quello che effettivamente hanno.”
Si tratta, nei fatti, di una pratica scorretta, che alcune aziende attuano per attrarre i consumatori, proponendo loro un prodotto o un servizio presentandolo come rispettoso dell’ambiente, spesso utilizzando espressioni, termini o diciture fuorvianti.
Secondo i dati forniti dalla Commissione Europea, il 42% delle dichiarazioni e certificazioni “verdi” possono essere esagerate, false o ingannevoli, creando una frattura con i consumatori, che non riescono più a sapere di quali brand fidarsi.
La semplificazione della complessità
Il fenomeno del greenwashing coinvolge vari attori, tre in particolare:
- le istituzioni, che sono deputate al controllo delle certificazioni e di quello che dichiarano le aziende sui propri prodotti;
- le aziende, che sfruttano leve di marketing per intercettare un reale interesse da parte dei consumatori;
- i consumatori, che dimostrano sempre più una sensibilità nei confronti dei temi ambientali e vorrebbero tradurre le proprie posizioni ideologiche in azioni concrete e pratiche, a partire proprio dagli acquisti.
Con il termine greenwashing si comprende sia il comportamento fraudolento da parte delle aziende, che millantano ad esempio certificazioni ufficiali che non possiedono, sia le bugie, le false verità e le esagerazioni.
Tramite l’utilizzo di termini come “ecologico”, “eco-friendly”, “naturale”, “minor produzione di CO2”, ma anche di packaging e simboli che evocano il mondo green, riescono a inserirsi in un filone di prodotti realmente eco-sostenibili, confondendo i consumatori, che non hanno spesso le competenze tecniche per distinguerli.
Semplificando la complessità, attraverso proprio l’uso di espressioni banali e dinamiche tipiche dei prodotti green, si ingannano i consumatori e si causano danni enormi al processo, necessario e urgente, di ridurre l’impatto ambientale e contrastare il cambiamento climatico.
Chi danneggia il greenwashing?
Questo fenomeno finisce col danneggiare un po’ tutti, in particolare le aziende virtuose, i consumatori e il pianeta.
- le aziende, perché quelle che desiderano realmente proteggere l’ambiente possono essere fuorviate, ad esempio affidandosi a imprese che propongono uno smaltimento dei rifiuti “eco-friendly’ quando non lo è, oppure acquistando prodotti tecnologici che promettono un risparmio energetico con potenziale riduzione dei costi in bolletta quando non è così. Ma non solo, perché si trovano a competere con prodotti che millantano determinate caratteristiche che in realtà non possiedono, venduti a prezzi inferiori;
- i consumatori, perché i prodotti e i servizi più ecologici spesso hanno un prezzo più alto. Un consumatore potrebbe quindi spendere di più convinto di aver acquistato un prodotto capace di soddisfare la sua etica, la sua salute (in particolare per i prodotti alimentari o per l’igiene personale) o determinanti standard ambientali, quando in realtà non lo fa. Come già spiegato, possono essere fuorviati da immagini vaghe, dichiarazioni confuse, slogan o inesattezze fattuali;
- il pianeta, perché imballaggi, materie prime, tecniche di estrazione, processi di lavorazione, se non eseguiti secondo standard eco-sostenibili possono provocare gravi danni all’ambiente.
Insomma, è una pratica che va contrastata con decisione.
Come contrastare il greenwashing
I consumatori, e in misura minore le imprese virtuose, sono come spesso accade, l’anello debole della catena, che subisce le azioni fraudolente, o nelle migliori delle ipotesi furbesche, delle aziende; ma c’è un modo per difendersi, attraverso la conoscenza e la corretta informazione.
Ecco 5 consigli pratici proposti dalla Commissione Europea:
- prestare attenzione alla mancanza di chiarezza, a termini vaghi e incommensurabili come “naturale” ed “eco-compatibile” che non sono supportati da prove trasparenti e scientifiche;
- controllare l’etichetta e cercare la presenza di realtà terze che eseguono il lavoro verifica della veridicità di quanto affermato sulla confezione;
- essere diligente, mettendo da parte il pregiudizio e cercando di informarsi attraverso fonti affidabili;
- cercare azioni, non parole, osservando ciò che fa un’azienda, non solo ciò che dice nelle pubblicità o sulle confezioni dei prodotti. I prodotti o le aziende veramente verdi supportano le loro affermazioni con fatti concreti, dimostrabili;
- acquistare locale: più corta è la catena di approvvigionamento, minore è la probabilità che le dichiarazioni ecologiche vadano perse, confuse o travisate.
Anche la presenza di certificazioni riconosciute a livello internazionale, con requisiti di ammissibilità molto rigorosi, possono rappresentare un valido alleato nel contrasto a questo fenomeno e nella garanzia di acquisto di un prodotto veramente eco-friendly.
Un esempio è il Regolamento EMAS, un Sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS = Eco-Management and Audit Scheme) al quale possono aderire volontariamente le imprese e le organizzazioni, sia pubbliche che private, aventi sede nel territorio della Comunità Europea o al di fuori di esso, che desiderano impegnarsi nel valutare e migliorare la propria efficienza ambientale.
EMAS è principalmente destinato a migliorare l’ambiente e a fornire alle organizzazioni, alle autorità di controllo e ai cittadini (al pubblico in senso lato) uno strumento attraverso il quale è possibile avere informazioni sulle prestazioni ambientali delle organizzazioni.
HW Style ha conseguito questa certificazione nel 2021.